. Aspetti – com’e noto – assai poco cinematografici.

Adriano Sofri (scrittore e ideologo, un tempo leader di Lotta Continua, movi-mento extraparlamentare nato alia fine degli anni Sessanta e implicato in alcuni atti di terrorismo) critica cosi la scelta dei registi: «II film sceglie di raccontare una storia d’amore. Poi, lungo dieci anni, il romanzo, senza niente togliere alia forza e alia verita dei personaggi (il principe Nechljudov, del resto, e Tolstoj stesso) diven-td una condanna strenua della giustizia dello Stato e delle sue репе, dei costumi dei nobili e dei ricchi, delTipocrisia della Chiesa (ortodossa) costruita, e un appello alia conversione evangelica. Solo che il film ne avesse potuta raccogliere un’eco, gli schermi sarebbero esplosi […] Usate il film per tomare al libro – al bianco e пего, alle sue pagine impensabili se non in bianco e nero.»[18]Una critica che forse e stata compresa dai Taviani proprio perche nasce dalla stessa passione ideologica che anima i registi e dallo stesso amore per Tolstoj (Voskresenie era il libro ispiratore del lavoro effettuato nelle carceri dai giovani di Lotta Continua a favore dei carce-rati). Cosi come il richiamo a un giansenistico bianco e пего (che non e solo quello delle pagine stampate, ma che riguarda, com’e noto, anche il cinema) sembra voler rimproverare ai Taviani l’accuratezza e il formalismo delle immagini e della rico-struzione ambientale di cui danno prova a partire da un film del 1996: Le affinita elettive tratto da Die Wahlverwandschaftendi Goethe (anche la scelta dell’opera dello scrittore tedesco rientra all’interno della coerenza che pervade tutta Topera dei Taviani: non a caso Thomas Mann nel 1923 accosto i due scrittori in un saggio dal titolo Goethe e Tolstoj e li considero suoi modelli per la tensione tra vita e arte che e alia base dei loro lavori).

Tuttavia, nelle scelte dei registi può essere reperita una certa consonanzacon la scelta pedagogica dell’ultimo Tolstoj: in questa ottica la storia d’amore poteva raggiungere un pubblico più ampio e colpire con maggiore forza, facendo passare anche il messaggio ideologico-sociale, che come sempre è presente nelle opere dei Taviani.

Ma anche in Resurrezione il piacere del racconto, il bisogno di affabulazione si mescola alla descrizione dell’Utopia: l’immersione nel passato può servire a spiegare il presente, le pagine bianche e nere sono diventate immagini a colori.

Con Resurrezioneun altro tassello si aggiunge a una storia che si ripete con molte varianti dalla seconda metà degli anni Sessanta e che caratterizza il cinema dei registi toscani con una felice e insolita coerenza di temi e stili. Ed è possibile rinvenire consonanze con Tolstoj anche laddove il referente letterario è altro: ad esempio il Pirandello degli episodi che compongono Kaos, film del 1984. Anche in questo caso lo sguardo partecipe dei registi si dirige verso un’umanità che soffre (e a tratti la sua sofferenza può assumere anche dimensioni epiche) ed è uno sguardo più attento al riscatto che non al riso e all’ironia. Su tutto domina l’interesse antropologico che li porta a cercare le radici profonde delle tradizioni di un popolo (di qui il passaggio delle storie dalla Russia ottocentesche a periodi di snodo delle vicende risorgimentali italiane che porteranno all’Unità d’Italia) e a immergere i racconti in paesaggi che con la loro corposità e bellezza testimoniano il realismo dell’Utopia tavianea, figlia di quella anarchico-socialista dello scrittore russo.