In sacrestia il signor Blaser aveva già tirato fuori le sue cose e le disponeva sul lungo tavolo come se fossero strumenti chirurgici, con attenzione, con delicatezza: e davvero pareva che si stesse preparando a fare una tetra operazione chirurgica о di tortura. Le ragazze guardavano le mani del signor Blaser come affascinate.

Dalla porta l'autista ruppe quell'atmosfera di torbida ansietà gridando:

– Signor Blaser permette che le dica una parola?

Il signor Blaser si voltò sorpreso, quasi indignato, gli occhi più del solito gelidi. L'autista gli fece, con l'indice della destra, segno che si avvicinasse.

– Sa che cos' è la mafia?

– Me ne infischio – disse sillabando a stento, il signor Blaser.

– Io no – disse l'autista – e se vuole che le dia un consiglio da fratello, ci pensi mille volte prima di dire «me ne infischio». Tra l'infischiarsene e il non infischiarsene c'è la differenza che passa tra il morire e il campare.

– Non capisco – disse il signor Blaser che proprio in quel momento cominciava a capire qualcosa.

– E dunque è meglio che si lasci consigliare – disse l'autista. – C'è tra queste una ragazza che lei non deve prendere: si chiama Rosalia Calaciura.

– Non debbo prenderla?

– Si, scartare subito e basta, non buona.

– E basta?

– E basta – l'autista mostrò il pugno chiuso, aprì a squadra l'indice e il pollice, per tre volte fece cadere sull'indice, come il cane di fucile… pam pam pam a noi, a me, a lei… Ci fanno fuori.

– Chi?

_ L'innamorato, quello che non vuole che la ragazza parta.

– Ah – fece il signor Blaser voltandogli le spalle.

– La prende – pensò l'autista – com'è vero Dio, la prende. Ma se

fossi al posto di quel poveretto che aspetta fuori, una lezione, gliela darei.

Era cominciato l'esame. L'autista si fece attento per vedere chi, tra quelle ragazze, fosse Rosalia Calaciula. Rosalia non era bella: a guardarla bene, attentamente, poteva magari apparire graziosa; bella non di certo. Era piccola bruna. E nell'esame fu tra le più svelte.

signor Blaser appena ebbe detto «basta» all'esame di Rosalia, guardò dalla parte dell'autista. Questi gli fece cenno di no con la testa. Il signor Blaser stette per un momento assorto. «Non voglio grane» – disse.

– Questa ragazza ha un fidanzato? – domandò.

– No – disse la madre – è soltanto uno che la vuole: un disoccupato, un perdigiorno. Ma su mia figlia comando io.

– Non è vero che sia perdigiorno – dissi Rosalia – è uno che non trova lavoro.

– Vuole rovinarti – disse la madre.

– Non vuole rovinarmi: è uno che mi vuole bene… Ma io in Svizzera voglio andarci anche per questo, per farmi una dote, per sposarmi.

– Basta – disse il signor Blaser – la prendo.

L'autista uscì dalla sacrestia, attraversò la chiesa deserta. Il giovane lo aspettava appoggiato all'automobile.

– L'ha presa?

– Come se io non avessi detto niente… Una testa, caro mio… E per di più ha fatto capire che tu volevi che non partisse. La vecchia si è arrabbiata, ha detto che vuoi rovinare la figlia, ma la ragazza ti ha difeso.

– Mi vuole bene – disse il giovane.

– Ti vuole bene e se ne va in Svizzera – disse con ironia l'autista.

– Il sazio non crede a chi è digiuno – si risentì il giovane.

– Non sono così sazio da non credere a chi è digiuno – disse l'autista, – voglio solo dire che avresti potuto convincerla a non fare domanda per la Svizzera, a non presentarsi all'esame; e se lei non ha

voluto ascoltarti, vuol dire che ha le sue ragioni: о ti vuole meno bene di quanto tu creda, о non ne può dalla miseria…

– Non ne può più.