Allora correva per la stanza e frugava per tutte le cassette e per tutti i ripostigli in cerca di un po’ di pane, magari un po’ di pan secco, una lisca di pesce, un nocciolo di ciliegia, insomma qualche cosa da masticare: ma non ha trovato nulla, proprio nulla.
E intanto la fame cresceva: e il povero Pinocchio non aveva altro sollievo che quello di sbadigliare, e faceva degli sbadigli così lunghi, che qualche volta la bocca gli arrivava fino agli orecchi.
Allora piangendo, diceva:
– Il Grillo-parlante aveva ragione. Ho fatto male a rivoltarmi al mio babbo e a fuggire di casa… Oh! che brutta malattia è la fame!
Quando ecco che gli è parso di vedere nel monte della spazzatura qualche cosa di tondo e di bianco, che somigliava a un uovo di gallina. Era un uovo davvero.
La gioia del burattino è impossibile descriverla. Si rigirava questo uovo fra le mani, e lo toccava e lo baciava e diceva:
– E ora come dovrò cuocerlo? Farò una frittata!.. No, è meglio cuocerlo nel piatto!..[25] No, la più lesta di tutte è di cuocerlo nel piatto o nel tegamino: ho troppo voglia di mangiare!
Detto fatto[26], ha posto un tegamino sopra un caldano pieno di brace accesa: ha messo nel tegamino un po’ d’acqua: e quando l’acqua ha principiato a fumare, tac!.. ha spezzato il guscio dell’uovo.
Ma invece della chiara e del torlo è scappato fuori un pulcino tutto allegro e complimentoso, il quale ha detto:
– Mille grazie, signor Pinocchio, d’avermi risparmiata la fatica di rompere il guscio! Arrivederla, stia bene e tanti saluti a casa!
Ciò detto, ha disteso le ali, e è andato via.
Il povero burattino è rimasto lì, come incantato, con gli occhi fissi, con la bocca aperta e con i gusci dell’uovo in mano. Ha cominciato a piangere, e piangendo diceva:
– Eppure il Grillo-parlante aveva ragione! Oh! che brutta malattia è la fame!..
E perché il corpo gli seguitava a brontolare più che mai[27], e non sapeva come fare a chetarlo, ha pensato di uscire di casa e di dare una scappata al paesello vicino, nella speranza di trovare qualche persona caritatevole.
6
Pinocchio si addormenta con i piedi sul caldano, e la mattina dopo si sveglia con i piedi tutti bruciati
Per l’appunto[28] era una notte d’inferno. Tonava forte forte, lampeggiava, e un ventaccio freddo e strapazzone, fischiando rabbiosamente e sollevando un immenso nuvolo di polvere, faceva stridere e cigolare tutti gli alberi della campagna.
Pinocchio aveva una gran paura dei tuoni e dei lampi: se non che la fame era più forte della paura: motivo per cui ha accostato l’uscio di casa, è andato di carriera[29], in un centinaio di salti è arrivato fino al paese, con la lingua fuori e con il fiato grosso.
Ma ha trovato tutto buio e tutto deserto. Le botteghe erano chiuse; le porte di casa chiuse; le finestre chiuse. Pareva il paese dei morti.
Allora Pinocchio si è attaccato al campanello d’una casa, e ha cominciato a suonare a distesa, dicendo dentro di sé:
– Qualcuno si affaccerà.
Difatti si è affacciato un vecchino, con il berretto da notte in capo, il quale ha gridato tutto stizzito:
– Che cosa volete a quest’ora?
– Che mi fareste il piacere di darmi un po’ di pane?
– Aspettami che torno subito, – ha risposto il vecchino, credendo di avere da fare con qualcuno di quei ragazzacci che si divertono di notte a suonare i campanelli delle case, per molestare la gente per bene[30].
Dopo mezzo minuto la finestra si è riaperta, e la voce del solito vecchino ha gridato a Pinocchio:
– Para il cappello.
Pinocchio si è levato subito il suo cappelluccio; ma mentre faceva l’atto di pararlo, ha sentito pioversi addosso un’enorme catinella d’acqua che l’ha annaffiato tutto dalla testa ai piedi.